Affinchè restino cose che non si possono dire

L’ebraico migliora. Il mio lessico si allarga strisciando come un polpo, con tentacoli in ogni direzione dalle parolacce ai nomi dei cibi ai verbi di emozioni e stati interni; gli automatismi aumentano in numero e velocità, inizio anch’io a mangiarmi le parole. Eppure, non basta. Dopo una settimana di vacanza in italiano con italiani in cui ho ritrovato quella simbiosi tra pensiero e parola di cui non sapresti dire quale dei due è condizione dell’altro, in cui ti sembra di farti parlare dal linguaggio e in cui comunicare verbalmente è la cosa più naturale, e non la più artificiosa, dopo tutto questo mi prende lo scoramento. Temo che quest’unità tra segno e significato non si concretizzerà mai più un’altra volta, perchè di mamma ce n’è una sola, anche nelle lingue; temo che quel limbo d’intraducibilità che sto sbocconcellando ogni giorno con perizia e metodo non verrà mai esaurito, ma solo limato al limite. Penso ai bilingui che conosco, agli Uri, le Thelma, le Sylvie, i Mark e gli Ygal, e mi chiedo se confermeranno o smentiranno i miei timori. Ho sempre creduto che imparare, lingue incluse, fosse un’aggiunta e mai una sottrazione. Oggi mi viene il dubbio che il segreto del bilinguismo sia dimenticare a tal punto la propria lingua da non vedere più il salto, da non sentire più alcuna differenza tra come ci siamo addomesticati a parlare e come parleremmo allo stato brado, da non vagare più dispersi nel limbo dell’intraducibile ma richiudersi nel grande mercato delle parole, in cui ciascuna ha un prezzo e una tara; forse solo una volta perso il termine di paragone ci troveremo davvero nel migliore dei linguaggi possibili, per mancanza di concorrenti.

Libretto per bambini che ho trovato nella sabbia.
Libretto per bambini che ho trovato nella sabbia.

Come un polpo, mi vedo il bilingue mimetizzarsi con successo tra fonemi, sintassi e semantica di un fondale che non gli appartiene, chiuso dentro il colore di una pelle che non gli appartiene, dimentico di quanto ha strisciato e che dovrà sempre strisciare tra nuovi modi di dire di nonni madrelingua che non ha avuto e citazioni da programmi per bambini che non ha visto; che colore ha un polpo, davvero? Bisogna mettere il polpo su un fondale di polpi. Come un leone dello zoo che ha dimenticato a cacciare, il bilingue si abituerà a tal punto a questa cattività da prenderla per selvatichezza, quella selvatichezza che ha scambiato con la piena cittadinanza in due zoo diversi. Orfano del proprio linguaggio, chi potrà spiegare a Truman che il suo cielo è in realtà di cartone?

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...