Negli ultimi giorni sono stato lentamente ma inesorabilmente assalito da una fiacca, da quella pace dell’animo che non preannuncia niente di nuovo. Già la conosco, è quel pigro adagiarsi su quel che si è già vissuto, come ritirare le antenne o rimboccare le coperte: la fine della novità, dell’eccitazione, dell’inquietudine. E’ rilassante, piacevole, facile, ma tutto sommato triste. Ti svegli una mattina, e ti sei adattato. E’ un salto discreto, sebbene covato nell’inconscio fin dall’inizio inizio, dal solo pensare all’avventura prima ancora d’iniziarla. E’ un processo naturale, o se non altro inevitabile, credo dettato dalla sopravvivenza: non si può vivere nell’eccezione, troppo dispendioso in termini di energie. Ora che mi trovo nella regola, nella normalità, non resta che iniziare a ruminare: rimasticare il Grande Passo nei suoi più piccoli dettagli, spiluccarlo, scomporlo cercando di conservare solo i pezzetti migliori che, un giorno non molto lontano, saranno d’ispirazione per la prossima svolta. Da qualche parte, suppongo, l’intenzione è già in moto e prima o poi scoprirò verso dove.
Sono profondamente grato a questo blog e alle persone che me lo hanno suggerito. In esso è disegnata, in ottima risoluzione, la fenomenologia di un adattamento documentato in tempo reale quasi quotidianamente. Solo a rileggere i titoli ritornano le emozioni che mi mancano adesso, rimpiazzate da ricordi impersonali. Ora che il punto critico è passato inizia la discesa: proliferare di ‘Pensieri’ a scapito di ‘Esperienze’. Non che manchino novità (ogni giorno ce n’è), ma è il mio occhio ad essere ormai cambiato. Non più lo sguardo di un turista-escursionista ma di un abitante, non più l’aspettativa per il futuro ma le considerazioni sul passato: inizio ad avere delle memorie a Yotvata; inizio ad avere dei rimpianti e delle nostalgie; parte di me è già invecchiata qui.
Quando l’adrenalina scende, il vuoto sale. E anche se fa un po’ male, so che è giusto così: non c’è novità senza routine, non c’è eccitazione senza noia, non c’è ignoto senza scontato. E’ una dialettica ferrea in cui, per quanto mi riguarda, cerco solo di giostrarmi in modo da prendere il meglio di entrabe le fasi, la botta e la scimmia. Fin ad ora ho accumulato, ho messo carne al fuoco talvolta maldestramente pur di non lasciarmi scappare niente; d’ora in avanti cercherò di setacciare, filtrare, scremare i dati fino a distillarne il significato più puro, sintesi tascabile da portare per sempre con me.