Un’obbediente ricorsività

A vederla dalla strada, Gerusalemme è anarchica: haredim tutti vestiti uguali, camicia bianca sotto un completo nero, cappello a larghe tese nero e ricciolini, musicisti di strada vestiti di stracci e rasta, turisti tedeschi in sandali e camiciola, skater vestiti come nei film americani, donne arabe avvolte in veli multicolore in tinta con la borsetta e i tacchi, ragazzotti sulla bmx con kipah e le tzitzit, lunghe frangette di spago che spuntano da sotto la maglia, svolazzanti al vento, giovani donne in maniche e gonne lunghe, coi capelli fasciati in foulard e puntualmente incastrate con un passeggino tra le porte del tram, pretonzi da ogni angolo della Terra e di ogni colore, con il Vangelo in mano e l’aria un po’ spaesata, ragazzine in top e pantaloni a vita alta (sono tornati alla ribalta) in giro per negozi, studenti hipster con il mac sotto braccio ed enormi cuffie futuristiche penzolanti al collo, danzatori in estasi a Kikar Zion con enormi kipah in lana bianca, vecchi barboni in giro per via Iaffo con i loro carrelli stracolmi di cianfrusaglie a rimorchio, sudanesi vestiti in tuta indaffarati in traslochi, arsim, i tamarri israeliani, appollaiati sulle panchine all’ombra a fischiare alle ragazze da sotto le kipah bianche e il capello rasato a zero, bambini arabi che giocano a calcio negli angoli meno trafficati.

 Pensadola da casa, Gerusalemme è piena di regole. In primo luogo le regole che ciascuno dei personaggi della commedia si dà: i veli, i cappelli, le frangette, le sopracciglia rasate, le gonne, le minigonne, le kippah, i colori, ogni scelta estetica è già un segno che indica morbosamente a un significato: ‘guardami, sono ultraortodossa e sposata!’, ‘guardami, sono arabo di Gerusalemme est!’, ‘guardami, sono laica!’, ‘guardami, sono ultraortodosso!’, ‘guardami, sono un uomo libero!’. Perchè, altrimenti, i rasta e gli stracci colorati come in Perù, quando costano più dei normalissimi jeans made-in-china? Chissà, forse i tedeschi mettono i sandali su calza solo quando vengono in vacanza a Gerusalemme…
Ci sono poi le regole alimentari e sociali, che sfuggono allo sguardo del passante ma che regolano meticolosamente lo stile di vita degli adepti. In secondo luogo, ci sono le regole di civile convivenza che qui devono essere imposte con la forza: i confini dei quartieri e degli orari, i turni per l’accesso ai luoghi di culto e di transito, la prevenzione dei contatti tra gruppi incompatibili, i divieti di trasporto a seconda delle merci. Quindi soldati, soldati ovunque. Giovani o vecchi, ragazze o ragazzi, bianchi o verdi o grigi, M-16 o fucile da cecchino o pistolone. La città pullula di cuscinetti: posti di blocco, metal detector, pattuglie, telecamere o semplicemente occhi. Non succede mai niente, neppure uno scippo, ma non è pace, è solo pace armata.
Sia quel che sia, stasera prima di uscire mi sono dato un’occhiata allo specchio: giacchetta nera su camicia bianca, e il colpo d’occhio è stato ‘caspita, sembro uno di quei pinguini haredim!’. Sono tornato in camera e mi sono cambiato, perchè non voglio dare il segnale sbagliato.

 Oggi mi sono trasferito, per due settimane starò in una graziosa casetta in Nachlaot, il quartiere più suggestivo della città nuova. Le mie due coinquiline, solari e spigliate, in tacchi alti e minigonna per uscire a ballare, rispettano kasherut, con mio stupore. Il mio retaggio cattolico mi suggerisce sempre una religiosità sentimentale, moralista e ascetica, molto lontana dalla proceduralità dell’osservanza ebraica. Kasherut, cioè l’idoneità ai precetti alimentari, non prescrive il distacco dai piaceri e dalla vita…nè un avvicinamento, d’altra parte. La normazione religiosa è dettagliata e delimitata ad un dominio specifico: vietato mangiare carne e latte insieme, vietato mangiare maiale e frutti di mare. Questo, almeno, al livello di osservanza delle mie coinquiline: basta usare stoviglie diverse per carne e latte, deporle in scaffali separati e lavarle con spugne diverse. Ma quand’anche si ‘fortificassero’ nell’osservanza, magari mettendole ad asciugare su stendini separati, o comprassero un frigo per il latte e uno per la carne o aspettassero 6 ore tra un pasto di carne e uno di latte al posto che 3, o se smettessero di mangiare anche frutti di mare e crostacei, ciò non andrebbe minimamente ad influire sul loro atteggiamento rispetto l’andare a ballare in discoteca, fumare erba, guidare o tingersi i capelli di viola. Nella loro religione sono domini completamente distinti. Fin dai miei primi incontri con questa mentalità non ho potuto che trovarmi critico: se anche ci fosse un Dio e fosse il tuo, cosa mai gli importerà se mangi carne e latte insieme? Un Dio con un briciolo di moralità s’infurierebbe di più a vederti buttare via un’intera pentola di spezzatino perchè ti ci è caduto dentro un pezzettino di formaggio. E se a questo Dio sta veramente più a cuore il rispetto della regolina piuttosto che la fame nel mondo, bè, allora chiediti se questo Dio si merita le tue attenzioni. E se Dio si è preoccupato di farci sapere che è sbagliato mangiare la carne col latte, perchè tace sull’utilizzo dell’auto al posto che i mezzi pubblici, sul comprare i prodotti organici piuttosto che quelli dell’industria intensiva, o sul guardare porcate in televisione? E perchè non ci dà un’indicazione di voto alle prossime politiche? Quanto dobbiamo aspettare ancora per un aggiornamento dei comandamenti al terzo millennio? Tanto più che, per la maggioranza dei casi, il rispetto della kasherut è in virtù di un qualche misterioso e mistico rispetto, e non di una credenza ragionata. Abitudine, tagliano corto molti.

La sorpresa è arrivata oggi quando, a fine serata, mi hanno detto che domani torneranno entrambe a casa dei genitori per il weekend. Il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato che posso evitarmi la noia di usare stoviglie e spugne diverse, almeno per il weekend: al loro ritorno tutto sarà al suo posto, le stoviglie del latte nel terzo cassetto in basso, le stoviglie della carne nell’antina sotto il tostapane, la spugna gialla della carne nella sua scatolina a sinistra del lavandino e la spugna da latte nella scatolina di destra, e vivremo tutti felici e contenti senza che nessuno si accorga del presunto impiastro metafisico. Il secondo pensiero, però, è stato che non lo farei: rispetterei la kasherut per tutta la durata del weekend, e credo che lo farò. In fondo è casa loro e sono le loro stoviglie, e in un certo senso non vorrei profanarle. Le coinquiline, non le stoviglie! Lo chiamerei, ahimè, rispetto. Mi stupisco della mia irrazionalità, eppur non me ne dispiaccio. Il guadagno della trasgressione non vale la pena di correre il rischio di fare qualcosa di male, sia questo verso le persone, le cose, gli animali, o Dio. In fondo, giustifico l’insensatezza della mia posizione, che mi costa stare all’occhio a quale forchetta uso? Pascal la metteva in termini di utilità: metti che Dio non esista, la trasgressione dei suoi precetti porterà una discreta utilità (i piaceri del gioco d’azzardo, della lussuria, dello sperpero, della lasagna e della carbonara), ma comunque finita. Ma metti che Dio esista davvero e che ti veda, la trasgressione comporterà una perdita infinita, l’inferno. Se, per quanto ne sappiamo, è tanto probabile che Dio esista quanto che Dio non esista, a parità di probabilità conviene puntare sull’utilità maggiore e rispettare i precetti: non vale la pena di giocarsi il paradiso. A differenza dei discorsi su Dio, però, so per certo che le coinquiline non ci sono e non mi vedono, . Ma, allora, perchè rispettare il precetto, sia esso in nome di Dio o di due coinquiline? E così, in una strana e patetica analogia, mi trovo nella situazione del deriso israeliano medio che in tutta onestà ammette che quand’anche questo Dio non ci fosse, o tornasse a casa dei genitori per il weekend,  le sue regole resterebbero. Così, per abitudine…

Ci sono situazioni in cui anche quando la gatta va i topi non ballano, senza alcuna buona ragione.

In autobus

1 commento su “Un’obbediente ricorsività”

  1. Ho in garage le pentole per gli amici kosher, ma non c’entra dio, lo faccio perché sono amici e perché si fidano. Come non darei qualcosa con latte o formaggio a un vegano, direi.
    Comunque ‘sti dio, quello cattolico che pensa solo al sesso, quello ebraico al cibo, quello arabo ai vestiti, che palla.

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