Eccezionale amministrazione 3

Più i giorni dell’operazione ‘colonna di nuvole’ passano, più mi sembra che sia scattato un interruttore, come quando in palestra saltava la luce durante il temporale e si attivava l’impianto d’emergenza. Due articoli su Haaretz spiegavano gli ultimi aggiornamenti sulle normative relative rispettivamente a chi rivolgersi in caso di danni alla proprietà da parte di missili e a quali diritti spettano al lavoratore in tempo di guerra. In caso di danneggiamento di edifici di proprietà, si può inoltrare la richiesta di risarcimento che verrà versata in contanti o, a seconda delle preferenze, in una restaurazione dell’immobile ad opera del governo. In caso il missile colpisca la casa di residenza, le vittime hanno immediato diritto ad un hotel a 4 o 5 stelle nella città più vicina, sempre a spese dello stato. Un apposito ufficio di governo è incaricato della verifica dei danni e della messa in sicurezza dell’edificio, nonchè del primo soccorso ai civili (solo questo garantito anche di sabato). Per quanto riguarda la legge sul lavoro, è un ginepraio: l’assenza è giusticata (retribuita) solo per genitori di figli minori di 14 anni, solo in località direttamente colpite dalle operazioni militari (la valutazione della situazione è in mano a una commissione di governo), solo per impossibilità di trasporto da casa al luogo di lavoro per danni alle infrastrutture, solo per comprovati (da certificato medico) stati confusionali o turbe emotive (paura). In appendice, una dettagliata normativa sul trattamento dei riservisti: nessun lavoratore richiamato alle armi può essere licenziato, nè preventivamente, nè durante l’assenza, nè entro i primi 30 giorni dal rientro.  Per l’intero corso del servizio alle armi deve essergli retribuito lo stipendio.

La guerra, onda lunga di un costante stato di belligeranza con i vicini arabi, smobilita migliaia di persone, sfigura la routine di vita di altri milioni e dunque necessita una dettagliata riorganizzazione della vita civile. Nulla è lasciato al caso, ogni diritto viene ricalibrato sul dovere prioritario di servire alle armi lo stato.

Ad un gradino inferiore, quello della vita reale, un secondo interruttore scatta: le televisioni nazionali sono un unico, ininterrotto, animato telegiornale abitato da inviati a Ashkelon, Beer Sheva, Tel Aviv, basi militari che mandano gli ultimi aggiornamenti e le notiziuole più stuzzicanti della giornata, e dall’altra parte lo studio (‘ulpan’) in cui opinionisti si sprecano in previsioni, commenti, condanne, incitamenti. I dibattiti sono accesi,  i personaggi vari: al momento un vecchietto con la kippah, non capisco se perchè rappresentante di qualcosa di religioso o semplicemente perchè religioso, sta commentanto le immagini di un generale in visita al fronte destreggiandosi tra le interruzioni del presentatore in giacca e cravatta. Fumi neri si alzano da Gaza, mentre stringhe di commento in ebraico scorrono senza sosta; manifestazioni pacifiste si inframezzano a colonne di automezzi sul cui tettuccio, in piedi, prega un soldato con i filatteri e lo scialle bianco e azzurro; il faccione di Netanyahu che manda un messaggio accalorato alla nazione; poi pubblicità: c’è una Yundai nuovissima per poche migliaia di shekel; un reality show sul teatro contemporaneo; un appuntamento con i cartoni per bambini; una marca di sughi con una canzoncina-jingle in sottofondo: qualcuno sta giocando con l’interruttore. Infine, con la sigla di ‘Operazione colonna di nuovole – le notizie in tempo reale’, musiche drammatiche ed esplosioni sullo sfondo, ritorniamo in studio, e ricomincia il carosello.

Haaretz riporta anche le lamentele dei riservisti che non sono soddisfatti dal cibo (scarseggiante, freddo o talvolta assente) o dalle condizioni dei letti (scomodi, freddi o assenti): alcuni hanno ordinato pizze, altri hanno chiesto in prestito sacchi a pelo alla popolazione locale. Le testimonianze riportate confrontano la logistica attuale con quella del Libano nel 2006 o l’ultimo Gaza nel 2008: anche per i protocolli di smobilitazione negli uffici dell’IDF il carosello è ricominciato. Le immagini del secondo canale da quel non-luogo che è il fronte mostrano in diretta la musica dal vivo nelle tende sul deserto e ragazze in verde che si fanno foto ricordo con lo smartphone; sereni ragazzini con occhiali a goccia che, intervistati, dicono che l’Iron Dome funziona bene ma che sono pronti a entrare in Gaza. Soprattutto per loro, la mia età o meno, il carosello è ricominciato.

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