“Tenendo conto dell’originale ebraico e greco dei Settanta, la classica versione greca dell’Antico Testamento risalente al tempo precristiano, e delle precedenti versioni latine, Girolamo, affiancato poi da altri collaboratori, poté offrire una traduzione migliore: essa costituisce la cosiddetta “Vulgata”, il testo “ufficiale” della Chiesa latina, che è stato riconosciuto come tale dal Concilio di Trento e che, dopo la recente revisione, rimane il testo “ufficiale” della Chiesa di lingua latina.”
Benedetto XVI
Ventitrè anni mi richiese l’impresa. Ventitrè anni di studio, ventitrè anni di preghiera. Preghiera a chè il mondo ricevesse ciò che ho da annunciargli, senza svelare l’osceno segreto. Ciò che Loro, attraverso di me, hanno da annunciargli. Nacqui in Illiria quando Costante succedeva al grande Costantino, che per primo inchinò Roma alla croce. Fui bambino col latino, mi scoprii uomo col greco, divenni santo con l’ebraico. E al latino dei bambini, infine, riportai la Loro parola.
Mi risolsi a cambiare la storia dell’umanità camminando con te, o Paola, sulle sacre pietre che videro i natali del nostro Signore, generato e non creato della stessa sostanza del Padre. Pietre affioranti da questi colli riarsi, spazzati, graffiati dal vento del deserto che sale la sera, sotto il cielo in cui quel giorno splendeva la cometa. Pietre rosate, pietre dannate, se non fossero servite a teatro del primo atto della nostra Salvazione. Incastonato in queste pietre ho vissuto, da queste pietre protetto ho studiato i testi, imparato le loro rime, calcolato le loro radici trilittere. Dalle profondità di questa caverna ho tradotto il senso con il senso, ponderando parola per parola. Al profumo di queste candele ho barattato, contrattando come sui banchi del mercato degli ebrei, il significato col segno. O Paola, i tuoi occhi pieni e puliti e incantati non sapevano, non sanno e non sapranno, non hanno idea di quanto Loro abbiano bisogno di noi per rivelare la Loro Grandezza. Solo a te oso rivelare quel che ad ogni altra anima è bene tenere celato: che trentatrè anni, nè di un uomo nè di un Dio, sono abbastanza per portarci sulla Via, la Verità e la Vita, quella che si esprime in un istante solo ed eterno solo ad enti di ugualmente perfetta natura. Il Verbo a noi non basta. A noi mortali solo il tempo può dischiudere i sacri misteri, uno ad uno per bocca dei Loro emissari. Ahi, se non fossimo di così grezza fattura l’intero significato della Storia svanirebbe in uno sbuffo improvviso di verità! E invece il mondo ha bisogno della storia, perchè solo nell’alternarsi delle generazioni, dal Padre al Figlio, la Fede si consolida, la Salvazione si concretizza. Il mondo ha bisogno della Carne. Attraverso l’educazione si compie la salvezza dell’umanità. La salvezza di ogni uomo di ogni tempo è fuori dalla portata persino dei nostri Dei.
Il nostro Cristo in croce è il passo necessario a tutti i successivi, ma è solo il primo. Tu, Paola, capirai. Se non avessi sentito della storia di Cristo, non mi sarei rinchiuso in questo sarcofago di pietra, in un colle riarso dal sole nei pressi di Betlemme. Magari sarei tornato a Roma, magari avrei continuato verso sud. Ma io credo sento so di avere una missione più grande. Tutto viene da Loro, attraverso di me. E attraverso Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Paolo, Pietro, Eusebio e quel d’Ippona che ci sta rivelando il mistero dell’unità nel divino Molteplice. E a quelli che verranno dopo di noi: la Via è ancora lunga. Sbaglia chi, non fidandosi, reclama il miracolo: quand’anche lo vedesse, i suoi occhi ancora acerbi non lo riconoscerebbe. La nostra Fede è dono della tradizione: questo il prezzo per le nostre piccole menti, incapaci di accogliere il prodigio della Resurrezione senza esservi state preparate. Io, e anche te, o mia Paola, prepariamo la strada. Non in senso temporale, giacchè ormai tutto si è compiuto, ma in senso logico: rendiamo ragionevole ciò che, agli occhi del mortale, ragionevole non è. A te sola, o mia Paola, posso confessare quanto la contingenza sia strumento della necessità.
La mia contingenza si è trovata ad essere la lussuria imperversante nelle nostre giovani comunità, il puttaneggio di donne e uomini dissoluti che così trascinati dai sensi perdono in devozione per ciò che di sensuale non è. Il celibato della nascente Chiesa sarà un faro nella notte per queste anime deboli, e come tu sai mi batterò fino alla morte per la sua istituzione. Il nostro monastero, o Paola, resterà nei secoli come atto di fondazione di questo nuovo ordine di uomini sposati alla Trina Divinità. A tal fine, esclusivamente a tale fine, tradussi in Isaia l’ebraico almah e nei Vangeli parthenos con virgo, facendo di una giovane donna una vergine, di una procreazione un miracolo. A tal fine tradii la necessità del testo, per correggere la contingenza dei tempi. A tal fine ho imposto alle future anime cristiane di credere l’incredibile, affinchè facessero l’altrimenti impossibile. Se giungerà il giorno in cui crederò sentirò saprò di essere solo un uomo, allora correggerò il mio errore e ammetterò la mia colpa, la mia grandissima colpa: il mio sacrilego asservire le Loro parole alle mie piccole idee. E accetterò il Loro castigo, implorando il Loro perdono. Ma io, o Paola, credo sento so di essere stato scelto per completare, e non correggere, le Scritture: quel che ho fatto, per questi ventitrè anni nelle viscere di una terra inospitale, è stato continuare, non spezzare; spiegare, non inquinare; applicare, non inventare. Non l’ho fatto per me, non l’ho fatto a chè il mio nome risuoni di eco divina nei secoli a venire. E questo lo sai anche tu. La Storia, giacchè da me ora corretta, non conserverà traccia dell’estro di Girolamo, ma solo della sua perizia. Eppure questo estro era già scritto, dieci volte scolpito nella pietra; tre volte inchiodato nel legno.
“Cerchiamo di imparare sulla terra quelle verità la cui consistenza persisterà anche nel cielo”
San Girolamo, Ep. 53,10