Israeliani, sveglia! – O dell’elogio della democrazia costituzionale

Tutti parlano di pace, nessuno di giustizia. Tutti parlano dell’occupazione in Palestina, nessuno della democrazia in Israele, come se le due cose non fossero connesse. Tutti parlano dei diritti violati dei palestinesi, nessuno di quelli degli israeliani. Perchè i sabra, gli intrepidi ebrei di Erez Israel che hanno costruito una civiltà a mani nude contro tutti, che si sono inventati un modo di stare insieme egualitario e comunitario, che hanno resuscitato una lingua così antica con la sola forza di volontà, che hanno sviluppato una fiorente economia dal deserto, perchè non si sono rivoltati? Perchè non hanno alzato la testa quando un manipolo di invasati ha deciso d’insediarsi nella terra di altri a loro spese, senza chiedere il permesso a nessuno, men che meno a loro? L’avranno pur fatto in nome di Dio, della Grande Israele, del Mito del Ritorno, della Sicurezza Nazionale, ma l’hanno pur sempre fatto a spese dei sabra. Con le loro tasse, con le loro (dis)pari opportunità, prendendosi il fiore dei loro anni e buttandolo in un’uniforme impolverata, dando al mondo un’ottima ragione per l’antisemitismo. Non l’hanno fatto in silenzio ma a suon di slogan, pestaggi ed esplosioni, senza un referendum, senza un dibattito parlamentare, senza un’alzata di mano. Come hanno fatto gli acuti ebrei collezionatori di premi Nobel a farsi fregare la sovranità da sotto il naso, con tutto quello che gli è costata? Come hanno potuto accettare con un’alzata di spalle la trasformazione dell’Esercito per la di Difesa d’Israele in Esercito per l’Attacco? Ignoranza o connivenza? Dov’era la loro democrazia quando i generali si sono presi la prerogativa di concedere ai primi coloni di restare, e il Parlamento taceva? La democrazia è arrivata dopo, a ratificare quella che era già una situazione di fatto: bande armate alla conquista del West, anzi, dell’East. Nel momento in cui il primo cittadino, e non soldato, israeliano si insediò sul suolo palestinese, portandosi appresso la sua bolla di diritti civili e politici burocraticamente garantiti nel cuore di un mondo sotto corte marziale, la conquista ebbe inizio. Populismo? Fanatismo? Alla fine dei conti, comunque, resta un bel buco democratico: non chiesero il voto di fiducia per convertire Israele in uno Stato conquistatore. Perchè si può restare in Palestina senza conquistarla, solo per controllarla: ma questo è lavoro da soldati, non da coloni, donne e bambini perlopiù vestiti in gonna lunga, ricciolini e kippah. I sabra ci si svegliarono dentro, in questo incubo dell’Occupazione. Un bel golpe militar-politico-intellettuale, ben disciolto in un mare di retorica sicurista-sionista. E i sabra si sono fatti abbindolare, colpiti nel loro punto debole. Dalle kippah dei coloni, dalle loro ziziot, dal loro rispettare lo Shabbat, dal loro salmodiare rivolti verso Gerusalemme, dal loro conquistare con caparbia il diritto a pregare su qualche pietra sacra: “in fondo, sono dei nostri”. Una grande famiglia? Allora un grande fratricidio. Chiedilo all’ebreo francese, tedesco, australiano, americano linciato a sangue dagli sfoghi anti-israeliani, mentre il colono resta intoccabile e protetto dietro il muro delle IDF. E’ davvero questo l’ebraismo? Svolgere antichi rituali vestendosi in modi bizzarri su delle vecchie rovine dalla dubbia identità, a qualsiasi costo? A costo dell’autodeterminazione di una nazione intera. E non parlo dei Palestinesi. E’ questa l’espressione dell’ebraismo, della Nazione degli Ebrei, degli anni ’70? Bande fanatiche che mettono in scacco una neonata democrazia. E’ giusto che oggi ne parlino, per quanto poco, al Parlamento, che ne discutano e che, alla fine, decidano di restare una nazione conquistatrice: l’uscita dei cittadini israeliani dalla Palestina deve essere una scelta democratica e non un secondo colpo di Stato, come fu invece la loro entrata.

I nostri esempi sono la debolezza dello Statuto Albertino, strangolato con una misera legge elettorale; la normativa sulle televisioni, spazzata via da due decreti salva-Berlusconi; e qui? Dov’è il “come dovrebbe essere” della democrazia israeliana? Dov’è l’ingranaggio che si è inceppato? Dove sono scritte le regole del gioco che non sono state rispettate? Dov’è la Costituzione? Cerco l’àncora di questa democrazia e non la trovo. E’ tutto in balia della marea. Un tempo i kibbutz, oggi i coloni. Domani? In questo oceano di libri sulla giustizia di Dio, dove trovo il libro della Giustizia degli uomini? Quali sono i limiti della legittimità? Fin dove il Sionismo spingerà i propri mezzi per ottenere i propri fini? “Parliamone”, sempre un “parliamone e tutto andrà bene”. Non succederanno tragedie, ti rispondono, perchè siamo un popolo saggio e misurato che non ha bisogno di nuovi Comandamenti: vai alla pagina “Hebron”, giusto per dirne una. Chi ha diritto alla cittadinanza? Parliamone. Chi deve di servire nell’esercito? Parliamone. Chi ha diritto al mantenimento a spese dello Stato? Parliamone. Chi può salire a pregare oggi? Parliamone. Chi può abitare su questa collina? Parliamone. A chi appartengono questi olivi? Parliamone. Democrazia a discrezione, dinamica, leggera, precaria, vuota. Democrazia di opinioni, non di leggi. Democrazia d’affaristi, non di cittadini, e che vinca chi ha il prezzo migliore. Democrazia senza impegno, con la scusa della sicurezza. Democrazia dello status quo, o della giungla delle tribù.

Non fatevi ingannare da quest’aria di casa, di normalità, di Europa e di America, qui tutto è negoziabile da un giorno all’altro: il vostro diritto allo studio, il vostro diritto di girare in macchina di sabato, il vostro diritto di sposarvi in comune, il vostro diritto di vestirvi con le maniche corte, il vostro diritto di comprare il pane lievitato. Per una pura contingenza la società israeliana si sovrappone parzialmente alla società occidentale. Per una pura contingenza Israele è uno Stato liberale, ma non c’è nulla a garantirlo tale. L’equilibrio tra le tribù domani potrebbe cambiare: che neppure i coloni dormano tranquilli.

Ma questi pensieri, per ora, non posso scriverli in ebraico.

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