Nei mesi ho preso una certa confidenza col sistema ospedaliero israeliano. Oltre all’assistenza statale gratuita, il cui servizio più importante è sicuramente il pronto soccorso, con il programma ulpan ho ricevuto assicurazione presso Clalit, imponente servizio sanitario a cui si affida più del 60% degli israeliani. Il costo dell’assicurazione, ho scoperto con stupore, dipende dal reddito annuo e quindi non è uguale per tutti, a parità di servizio erogato. Con la mia tesserina magnetica identificata sul passaporto (anche i turisti possono assicurarsi), non ho che da presentarmi al piano dell’ambulatorio desiderato, passare la tesserina sullo schermo e confermare la mia presenza all’appuntamento fissato precedentemente al telefono. In più di cinque visite, di cui una come accompagnatore e una all’ospedale statale, negli ospedali israeliani non ho mai dovuto aspettare più di un quarto d’ora prima di essere ricevuto. Lo stesso vale per le lastre, richieste dal medico in ambulatorio ed effettuate nei sotterranei in meno di mezzora, in totale. Le struttura del Clalit di Hadera è nuovissima (meno di un anno di attività) pulita e comoda, mai affollata e sempre climatizzata. In questa cornice da Dr. House in un qualche ospedale privato in Pennsylvania o Massachussets, fa improvvisa irruzione un vecchio beduino col bastone. Prende l’ascensore con me e lo lascio un po’ sperduto al secondo piano, nel suo velo bianco cinto dal cordino nero in fronte, finchè non incontra il provvidenziale aiuto di un’infermiera di passaggio che gli mostra lo schermo magico per la prenotazione: ancora stordito, tira fuori da una piega della lunga tunica marrone la carta magnetica e con diffidenza la passa sullo strano aggeggio, che gli sputa fuori il biglietto con numero di turno e ambulatorio. Soddisfatto, s’incammina ciondolante tra le porte a vetri e i corridoi asettici di ortopedia.
Fuori dal mio ambulatorio, stamattina, un altro vegliardo aspetta il suo turno, aggrappato al trepiede pronto a scattare al proprio turno. Una famigliola di arsim, i tamarri israeliani, disturba la sua concentrazione masticando rumorosi suoni gutturali; il bambino è impaziente e continua ad andare e venire tra una sala d’attesa e l’altra. Un’enorme massaia araba dai denti gialli avvolta in un pezzo unico a fantasia floreale, sulla sessantina, fa una battuta al bambino e attacca un bottone alla composta signora che le siede di fronte: iniziano a parlottare, credo del tempo o degli acciacchi come i pazienti in sala d’attesa di tutto il mondo, ma non sto ascoltando. Dalla tv poco in alto sopra le nostre teste la giornalista comunicando l’arresto di potenziali terroristi di Al-Qaeda in Canada. In Israele c’è un notiziario ogni ora, ed è difficile accorgersi che dicano qualcosa di nuovo da un’edizione all’altra; il parlottio attorno a me continua indisturbato. E’ il mio turno.
La procedura si apre con il passaggio della tessera magnetica sull’apposito lettore incorporato alla tastiera. Aperto il fascicolo online, il dottore può consultare i referti dei due precedenti dottori che mi hanno visitato: lussazione del ginocchio, niente fratture, tendini a posto, emorragia interna e risucchio di sangue e liquidi vari; febbraio. Operazione all’unghia incarnita; marzo. Quel che non può leggere è che il grasso dottore brasiliano che mi ha tagliuzzato l’unghia è un appassionato sfegatato di Milano, e così tra un bisturi e una siringa di anestetico ci regalammo una lunga chiacchierata sulle meraviglie di Brera e del Museo Ambrosiano, del pane di Pattini & Marinoni in via Garibaldi, di quanto è emozionante San Siro anche senza interesse per il risultato della partita, del nostro congedo con il mio invito a visitare San Satiro, in via Torino, alla sua prossima visita. Questo invece è palesemente russo: mi ordina di stendere la gamba sul lettino e in due minuti esegue le manovre per controllare la tenuta del groviglio di muscoli e tendini che circondano la mia rotula. Conferma il buono stato del tutto, quindi mi prescrive un gel nell’eventualità di un’infiammazione e un tutore nell’eventualità di partite di calcio. Mi congeda dall’alto del suo pizzo bianco con cordialità, e cedo il passo sulla porta alla ballonzolante massaia araba dai denti gialli.