Di tutto un po’

Ho finalmente capito cosa sono i boati in lontananza che sentiamo ogni giorno, non appena cala un silenzio. Sono bombe dai campi di addestramento dell’esercito, sparpagliati un po’ ovunque qui nel deserto.

La civetta bianca gira ogni sera, terrificante e silenziosa, sopra le nostre case e quelle dei lavoratori, poi si rituffa tra i ciuffi delle palme. L’abbiamo chiamata Edvige, e adesso starà dormendo nonostante il sole abbagliante.

Due giorni fa in pausa pranzo Dor ha spiegato a me e Yadid come ha iniziato a ‘fortificarsi’, cioè a diventare più religioso. Si è svegliato una mattina qui a Yotvata e ha sentito che doveva comportarsi diversamente, organizzando la sua vita secondo piccole ritualità, nonostante la sua credenza in un unico dio fosse già salda prima. Ha trovato un religioso del kibbutz che gli fa da guida, e di tanto in tanto visita amici a Mea Shearim, il quartiere ultraortodosso di Gerusalemme. Yadid, che invece crede nel politeismo dei valori umani e che nella vita vuole fare l’attore di teatro, ha solo aggiunto: ‘non diventare fanatico’, e non era una battuta.

Ieri è arrivato un drappello di turisti italiani al Miznon. Come sempre resto un po’ deluso dalla loro indifferenza verso l’italianità mia e del gusto del gelato: partiti con MSC due giorni fa da Genova o Bari per un giro organizzato a Petra e al Mar Morto, non percepiscono l’eccezionalità della situazione. Non sanno che, in quasi cinque mesi di permanenza (per quanto interrotta) ho conosciuto solo due italiani trasferiti qui e non sanno che il gelato al di fuori dell’Italia è generalemente una pappetta dolciastra. Non per niente qui a Yotvata una coppetta due gusti – neanche cono! – due gusti è 5 dollari.

Sabato sera sono andato a un concerto di Beri Saharov, qua all’auditorium di fronte al Miznon. Chitarra elettrica, chitarra acustica, percussioni, seconda voce e una marea di effetti elettronici dal tastierista nell’angolo, intasato di raffreddore. In tutta la sala, suppongo, gli unici non israeliani eravamo io e Karleen. Musica eccezionalmente bella, per il mio rozzo orecchio, tecnico luci santo subito e folla in visibilio. All’inizio tutti seduti sugli spalti, comodi come al cinema; dopo già due brani e due spettacolari passaggi tra un tamburo e un timpano, magistralmente rimaneggiati col sintetizzatore, molti già scalpitavano; poi arrivano le hit, che tutti cantano e che noi due vorremmo poter cantare; infine la seconda voce, omone di due metri per almeno 120 chili, si alza in piedi in un assolo arabeggiante (chissà se gli israeliani sanno che da noi si dice così) facendo segno alla platea di fare altrettanto: è il degenero. Alcune file si svuotano in un minuto per andare a confluire sulle scalinate verso il palco, dove c’è spazio per ballare; da davanti alcuni si scatenano in piedi restando in fila, noi da dietro li imitiamo subito; i pochi reticenti si costringono ad alzarsi, per riuscire a vedere qualcosa oltre la selva di teste ondeggianti. C’è mezzo kibbutz e più di due generazioni: si va dai ragazzini del liceo a noi ventenni suonati ai nostri genitori, tutti trascinati da questo caldo mix di pop, etnico, elettronica e classica. Il mio problema è che non trovo torrent in ebraico, per scaricare musica israeliana sul computer, ma Nadav sistemerà tutto la prossima volta che passo per Tel Aviv. In una capatina sotto il palco vedo Guy, Lior, Ariel e scorgo altri adulti del Miznon: nel kibbutz condividiamo davvero tutto, mi viene da pensare.

En passant, Shaili mi spiega le cattive nuove sulle elezioni, con due possibili coalizioni entrambe poco promettenti. Scopro inoltre che in quanto ben kibbutz ha diritto a una ‘liquidazione’ per quando finirà questo anno di limbo, cioè di lavoro non propriamente come figlio di Yotvata ma neanche come kibutznik: si tratta di qualche migliaio di euro, ‘un investimento del kibbutz’. Perchè, tornerai? Chiedo. No, non intende tornare, ma dovunque sarà e qualunque cosa farà rimarrà un figlio di Yotvata. Non so se si tratti di onore o clientelarismo, ma la storia ha già sfornato parecchi scrittori, artisti, politici, scienziati bne’ kibbutz, che hanno contribuito col loro esempio a costituire il modello kibbutznik. Modello decisamente in calo sul mercato, che tuttavia gli incentivi di Yotvata contribuiscono a sostenere o, magari, rilanciare.

La metratura delle case assegnate dal kibbutz dipende dal numero di bambini del kibbutznik. In caso di divorzio, il kibbutz fornisce una casa per ciascun coniuge.

Moshe hakatan, il piccolo, è partito dopo sette anni di lavoro al Miznon. Dopo una composta festa d’addio con tutto lo staff, il kibbutz ha ospitato due giorni di festeggiamenti ininterrotti della comunità etiope della zona: musica, fumo e barbecue senza sosta, per due giorni e una notte.

Shai, il resposabile del personale al Miznon, parte a breve per l’Italia: a Rimini c’è un’esposizione dei fornitori di ingredienti per gelato, e a lui tocca l’arduo lavoro di scegliere per conto del kibbutz. Dopo qualche giorno i romagna, si recherà a Napoli perchè ha sentito che è un posto ‘speciale’. Gli ho raccontato le mie esperienze in città e in costa amalfitana, e infine mi è toccato raccomandargli di tenere il portafoglio nella tasca interna della giacca. Mi chiede consigli e parole standard per la sopravvivenza, e mi sto facendo carico della sua preparazione al Bel Paese. Devo dire, ho un po’ di ansia: cosa ne penserà?

In mancanza di clienti (i cosiddetti da Yadid ‘smartphone days’), leggo su internet della situazione politica italiana. Ieri sera, prima di una partita a pallavolo, ho provato a riassumere a Shaili. Gli ho spiegato chi sono i parlamentari: come sono eletti (nominati), che non hanno il vincolo di mandato, delle compravendite pubbliche degli onorevoli, cioè documentate in tempo reale dai giornali, di qualche scandalo sui finanziamenti pubblici, sulle condanne per mafia nel Pdl, dell’immunità parlamentare che blocca i procedimenti a loro carico, delle disinvolte e pluridecennali carriere politiche da estrema sinistra a estrema destra, degli stipendi da marajà, di come funzionano i voti per gruppi parlamentari e la stesura di leggi per commissioni. Capisce che non è Berlusconi l’unico problema della politica italiana, ma tutto sommato non rimane stupito, solo disgustato: i meccanismi di corruzione, economica o morale, sono presenti ovunque, declinati a seconda delle leggi dello Stato. Ci sono anche in Israele. Mi coglie in contropiede, invece, il suo stupore per due ‘dettagli’, avrei detto: primo, il fatto che le proteste popolari non sortiscono effetti. In Israele, mi dice, quando un discreto numero di persone si riunisce per contestare o pretendere qualcosa dalle istituzioni, queste reagiscono: raramente, ma è capitato, sono rimaste impassibili sulle proprie decisioni senza concedere niente. ‘Ma come, in Italia non succede niente in risposta?’ No, mi tocca ammettere, né ribadiscono la propria posizione né fanno un passo indietro: qualcuno commenta in qualche salotto di qualche tivù, e poi ritorna l’indifferente silenzio. ‘E voi italiani?’ Ci penso un po’…’dimentichiamo, cos’altro puoi fare altrimenti?’. Quasi mi ero dimenticato delle petizioni per diminuire gli stipendi ai parlamentari, delle raccolte firme per annullare le province, delle oceaniche manifestazioni per la legge bavaglio, lo scudo fiscale, la dignità delle donne, le cicliche giornate nazionali per le dimissioni di Berlusconi. Secondo, mi chiede chi è Grillo: ‘cioè, non è un partito né strutturalmente né economicamente, perchè non riceve il finanziamento pubblico. E come si mantiene?’ Non ha spese di giornali di partito né propaganda, perchè si muove sul blog, rispondo, più finanziamenti di privati che però non so chi siano. ‘E lui è leader politico…ma non candidato?’ No, è proprietario del logo del movimento e lo revoca a chi non è allineato con la sua politica, ma non è in campo. ‘E non vanno in televisione.’ No, per ora hanno rifiutato confronti televisivi. ‘E hanno successo’ Sì, hanno fatto il botto in Sicilia e hanno comuni sparpagliati un po’ ovunque. Le elezioni anticipate a febbraio e una valanga di cavilli burocratici sono stati introdotti per impedire, tra le altre nuove formazioni, anche a questa di partecipare alle nazionali e facilitare la procedura ai partiti già esistenti. Mentre rispondo vedo la sorpresa accendersi sul suo volto, e in un secondo momento mi accorgo di essere io stesso stupito: in tutti i miei anni di studio, non saprei istituire nessuna analogia storica col movimento cinque stelle. L’unica che mi viene, al momento, è Savonarola, apocalittico profeta di una cospirazione contro l’ordine costituito, ma questa, per Shaili, è tutta un’altra Storia.

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