…e il resto del mondo

La cena di Natale organizzata da noi volontari per amici e colleghi di lavoro del kibbutz ha tirato fuori, con buona approssimazione, i caratteri salienti delle nostre nazionalità di appartenenza. Non che manchino occasioni per riscontrarli, ma il fatto di essere per una volta tutti insieme a lavorare per un obiettivo comune ha dato contrasto alle differenze.

Koreani: devono essere in-formati. Tabula rasa, tu gli dici cosa devono fare e loro lo fanno. Non provano a metterci del loro, a dare un tono personale al compito loro affidato: con impeccabile precisione eseguono quello che è richiesto, ma solo previa illustrazione di un prototipo. Forse complice il loro pessimo inglese, non si può spiegare loro ‘l’idea di bruschetta’ in astratto (fetta di pane tostato con sfregatina di aglio, olio, sale, pezzettini di pomodoro fresco e foglia di basilico), bisogna mostrare come se ne produce una, e loro ne faranno infinite copie, perfette. Testimoniano l’essenziale capacità comunicativa degli esseri umani al di là di ogni teoria scettica della conoscenza. In sede decisionale hanno idee proprie ma non le esprimono con particolare veemenza nel timore di deviare dalla normalità: si sentono perennemente, profondamente diversi dal mondo in cui si trovano, e non vogliono disturbare.

Indiani: imperturbabile, silenziosa, inarrivabile assenza.

Sudamericani: quanto meno si può fare senza incrinare un sorriso, lo fanno. Prima di tutto cercano il quieto vivere, lo stare bene con se stessi e con gli altri; poi, se proprio glielo chiedi, fanno qualcosa ma moooolto lentamente, come pausa nel volerti bene. Non progettano ma neanche improvvisano: sopravvivono godendosela. Per chi lavora, una volta capito che è una battaglia persa, sono la miglior compagnia. Non hanno aiutato a cucinare e apparecchiare, ma sono stati l’anima dei brindisi e dei balli.

Israeliani: ti fanno sapere senza esitazione quando non sono d’accordo: praticamente sempre. Lavorano duro ma non esiste un’autorità indiscutibile che dirige i lavori: tutto è sempre in discussione. Non hanno cura per l’apparenza oltre la funzionalità: sono anti estetici; li salva la bellezza ‘naturale’ di cui dispongono: paesaggi e varietà multicolore.

Tedeschi: con posata razionalità valutano quel che conviene fare rispetto allo scenario più probabile. Ci azzeccano (‘gli ospiti arriveranno scaglionati, non possiamo organizzare il cibo in portate ma bisogna metterlo in tavola su teglie da cui ciascuno si serve’, e così in effetti fu), adeguando l’azione alla previsione. Efficienza a basso rischio, rinunciano a spingere il mondo oltre i propri (stimati) confini tradendo una scarsa fiducia nelle proprie aspirazioni…e nella capacità del mondo di stupirti. Sono tanto bravi a prevenire l’imprevisto quanto imbarazzati nell’affrontarlo.

Olandesi: poco interessanti, in quanto nazione, e consapevoli di esserlo. Ciò li rende a modo loro personalmente interessanti, nella neutra ricezione dei caratteri altrui.

Italiani: abbiamo grandi idee (‘facciamo tre portate: antipasto, primo e secondo. Serve qualcuno alla lavapiatti, una squadra di camerieri e quattro carrelli di piatti. Bisogna comprare posate d’argento’), anche se non sempre buone, e inziamo subito a realizzarle nel tempo in cui i tedeschi calcolano i rischi, gli indiani meditano, i sudamericani ballano, gli israeliani dibattono e i koreani copiano qualcuno che le ha già realizzate. Paghiamo l’entusiasmo con l’intoppo, l’imprevisto, e la delusione del tornare coi piedi per terra, ma lo facciamo con lo stile di chi intanto si è fatto un bel giro alla faccia degli altri; guadagnamo in velocità d’esecuzione, spettacolarità e coraggio, anche quando si tratta di obiettivi indegni come fregare qualcuno o evadere una responsabilità: inventiamo palle colossali piuttosto che arrivare allo scontro diretto. C’è sempre un’autorità superiore inviolabile ma sempre circuibile con pretenziosa interpretazione: la legge non è mai abbastanza specifica per farci avere torto nella fattispecie.

Risultato: una cena al di sotto dei sogni di un italiano ma superiore alle sue possibilità di realizzazione, e tutto sommato una gran figata. Buon Natale a tutto il mondo!

 

 

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